La Russia brucia il gas e la tensione sale

Sulla borsa di Amsterdam, mercato europeo di riferimento per il gas, il prezzo della materia prima è schizzato a 339 euro al megawattora, con punte di 341 euro, raggiungendo così un nuovo record storico che rischia di destabilizzare l’economia della UE in vista dell’inverno. A peggiorare la situazione a livello internazionale ci sono i disordini in Libia e in Iraq con retroscena geopolitici.
Il gas tocca un nuovo record, emergenza per l’EU
Il prezzo del gas continua a salire mentre in Russia bruciano milioni di metri cubi al giorno in un impianto vicino al confine con la Finlandia a Portovaya. La fiamma, che deve rimanere sempre accesa, è aumentata a dismisura. Da un rapporto della società norvegese Rysrtand enrgy ha stabilito che vengono bruciati ogni giorno 4,34 milioni di metri cubi di gas. Ma secondo il presidente del Trans Med engineering network fa presente che << si tratta di una quantità minima. Potrebbe trattarsi di una provocazione simbolica o di problemi tecnici. L’Europa importa dalla Russia 350 miliardi di metri cubi l’anno di gas. Se ne bruciano 4,34 milioni al giorno è poca roba>>.
L’impianto di Portovaya si trova all’imbocco del gasdotto Nord Stream 1, il quale è il principale canale che fornisce di gas proveniente dalla Russia alla Germania. Nell’ultimo periodo (da quando la Russia ha attaccato l’Ucraina) si sono verificate diverse riduzioni e addirittura blocchi degli impianti per giorni interi. L’ipotesi di questi interruzioni di forniture e fenomeni sono molte.
Alcuni pensano che, siccome il gas deve sempre uscire, ma dato il livello di fiamma molto esagerato, si sostiene che i russi preferiscano bruciarlo anziché venderlo. Il gas che brucia era destinato alla Germania e ogni giorno vanno persi circa 10 milioni di euro. Oppure, secondo altri come Jessica McCarty, esperta di dati satellitari della Miami University in Ohio, afferma che forse ci siano problemi tecnici riguardanti pezzi di ricambio a causa delle sanzioni e penuria di tecnici specializzati di società internazionali che, sempre per via della guerra, stanno lasciando la Russia.
Il vicepresidente di Rystad Energy per i mercati del gas, Sindre Knutsson, ha stimato che la Russia “ha già bruciato abbastanza gas da rifornire 1,5 milioni di famiglie europee”, ha dichiarato a Sky News.
L’enorme bagliore dell’impianto è attivo dall’11 luglio, e sebbene alcuni esperti non mettono da parte l’ipotesi di procedure di test dell’impianto, si ritiene comunque che le dimensioni e la durata della combustione siano troppo estreme per dei semplici test.
Vista la crisi del prezzo del gas che tocca livelli record in Francia, in Germania ed in Italia, ha spinto la presidenza ceca di turno dell’UE a convocare una riunione straordinaria dei ministri dell’energia dei paesi europei entro la metà di settembre per discutere delle misure di emergenza.
Il piano tedesco contro la crisi del gas
La Germania è uno dei paesi più colpiti dalla crisi del gas. Dallo scoppio della guerra ha dovuto rivedere i suoi piani di forniture perché, prima del 24 febbraio con i gasdotti Nord Stream 1 e 2 avevano creato un collegato diretto che univa Mosca e Berlino: prima dell’invasione russa il 55% del gas proveniva dalla Russia. Con la guerra in corso e con le interruzioni dei flussi degli ultimi periodi, il governo tedesco è costretto a rivedere le sue scelte politiche.
La notizia del nuovo stop, per ora ufficialmente di tre giorni, del gasdotto Nord Stream 1 da parte d Gazprom, a partire dal 31 agosto, suscita particolari preoccupazioni in Germania.
Il governo guidato da Scholz già a giugno ha proclamato lo stato d’allerta energetica con conseguenze sul comparto economico. Secondo i dati nel secondo trimestre la crescita del paese si è fermato allo 0,1%.
La Germania punta a riempire gli stock di gas al 95% entro novembre per sostenere l’inverno. Ad oggi si trova a quota 81%. Ma se i governi europei decideranno di tagliare le forniture di gas dalla Russia, Berlino avrà seri problemi a raggiungere la quota prefissata, soprattutto in vista dell’inverno. Un’altra azione messa in campo dal governo tedesco è di risparmiare il 20% dei consumi. Infatti dal primo settembre fino al 28 febbraio 2023 sarà in vigore l’ordinanza federale per ridurre l’uso del gas. Gli elementi più importanti della strategia tedesca sono:
- Riscaldamenti non oltre i 19 gradi negli uffici pubblici e privati;
- Negozi con porte chiusa con vetrine e insegne spente dalle 22 fino alle 6;
- Illuminazione notturna spenta di monumenti ed edifici pubblici.
Se tutto questo non dovesse bastare scatterà lo stato d’emergenza con il razionamento, esclusi, solo in un primo periodo, famiglie, scuole ed ospedali.
La crisi della Libia e le ripercussioni sull’Italia
Anche la Libia esporta gas in Italia, ma la Libia come la Russia ne sta esportando sempre meno. Il fenomeno ovviamente affonda nelle vicende geopolitiche che da tempo dividono il Paese. L’Italia nel primo trimestre del 2022 ha registrato una diminuzione dei flussi di gas del 45% dalla Russia, e nello stesso periodo un – 26% dalla Libia corrispondente a una riduzione di 0,5 miliardi di metri cubi. Roma è molto attiva nel Paese nord africano con l’Eni, e la stessa Eni registra un calo degli approvvigionamenti di gas in arrivo dalla Libia pari al 25,6% annuo.
La Libia sta attraversando un lungo periodo di instabilità politica e di tensioni interne che sono conseguenti alla rivoluzione del 2011. Lo stato attuale è che ci sono due fazioni che si contengono la guida del Paese, il governo di Unità Nazionale insediato a Tripoli e l’autonominato governo di Stabilità Nazionale insediato nella parte est del Paese. Una situazione “di caos e disordine” che tra maggio e giugno, prosegue la semestrale di Eni, “è sfociata nel blocco quasi totale della produzione petrolifera nella parte est del Paese e dei principali terminali di export.
Nonostante l’incidenza della produzione della Libia è stata ridotta per motivi strategici dovuti all’espansione in aree sicure e stabili, essa rimane uno dei Paesi principali dell’Eni in termini di utili e redditività.
Ma la situazione attuale per Roma è che a Tarvasio, dove arriva il metano russo, il flusso è crollato, e a Gela punto di ingresso del gas proveniente dalla Libia segna continue flessioni.
La situazione geopolitica libica continua ad essere un fattore di rischio molto rilevante per l’Eni ma anche per l’Italia e l’Europa. La forte instabilità politica e le continue lotte tra le due fazioni porta, non solo ad una diminuzione delle esportazioni di gas e petrolio, ma anche a continui flussi migratori che per giungere in Europa approdano in Italia tramite barconi.
L’instabilità in Nord – Africa e in Medio Oriente.
Quali ripercussioni per l’Europa?
La crisi in Libia, in Afghanistan, in Iraq nel centro Africa sono fattori di rischio molti rilevanti per l’Europa. Dal 2011 con le primavere arabe sono aumentati in maniera esponenziale casi di disordine, di guerriglie urbane e rivolte con ripercussioni migratorie in Europa. La guerra in Ucraina è determinante per la questione del gas. Ma oltre all’Ucraina ci sono altri fattori geopolitici in diverse zone del pianeta che stanno diventando zone calde per via dell’alta tensione a livello internazionale.
L’Europa a questo giro dovrebbe avere una linea comune in risposta a queste emergenze, che si aggiungono alle altre che riguardano il destino dell’umanità intera, come quella del cambiamento climatico che, purtroppo per via della delicata situazione internazionale, viene messo in secondo piano.
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