La Russia al collasso? Quali possibili scenari per l’Europa?

Quando il 24 febbraio 2022 iniziò l’invasione russa ai danni dell’Ucraina, in molti non credevano che Kiev avrebbe retto l’urto dell’aggressione. A più di un anno dall’inizio della guerra l’Ucraina ha liberato parti dei territori che Mosca voleva annettere come la città di Kharkiv e Kherson e tutto il nord del Paese, rispingendo indietro i soldati russi. Oggi lo scenario potrebbe cambiare. Quello che è successo recentemente, il tentato “golpe”, ha messo sotto i riflettori la crisi che vive il sistema Putin e le difficoltà della Russia a continuare questa guerra.
Un colpo duro per Putin
La punizione che Putin aveva annunciato per i traditori è durata solo poche ore, perché poi il capo del Cremlino ha dovuto scendere a patti con un suo ex-subordinato, dimostrando alla classe dirigente russa ed al mondo di non essere più, forse, il perno della Russia.
I problemi per Putin sono iniziati quando ha scelto di dare spazio al gruppo Wagner in Ucraina perché temeva, e teme, l’effetto che potrebbe scatenare una nuova campagna di reclutamento. Ricordiamo che dall’inizio della guerra sono passati dalla Russia all’Ue 1,3 milioni di persone, fuggiti dal regime di Putin.
Ora Prigozhin “pare” sia accolto in Bielorussia, dove non sarà processato, né lui né i suoi uomini, e continuerà la sua attività a Minsk e in Africa. Questo la dice lunga su come il sistema di Putin non sia più tanto sistemico.
Le critiche sulla guerra
La cacciata dei soldati russi e la liberazione da parte ucraina di zone che prima erano sotto il controllo di Mosca ha suscitato critiche pubbliche nei confronti dei vertici dell’esercito e dello Stato Maggiore. Non solo esponenti dell’opposizione e soggetti da sempre contrari alla politica del presidente Putin, ma anche voci ai vertici del Cremlino, rimaste deluse dal modo in cui il Ministero della Difesa ( Sergei Shoigu) sta conducendo la guerra in Ucraina.
Uno dei primi a criticare è il leader ceceno Ramzan Kadurov, da sempre un convinto sostenitore del presidente Vladimir Putin che già da un po’ di tempo non risparmia critiche ai generali dello stato maggiore come i responsabili di quanto sta succedendo. Stessa identica cosa il capo della milizia privata Wagner, Yevgeny Prigozhin, il quale, oltre a lamentare l’andamento del conflitto, rivendica i successi delle sue truppe, e di quelle cecene, che hanno dato all’esercito regolare.
Russia, quante compagnie private armate?
Quello che è successo il 24 giugno potrebbe innescare un qualcosa, simile ad uno shock. Perché la guerra in Ucraina ha come attore principale la compagnia Wagner. Ma essa non rappresenta l’unico gruppo di mercenari russi che opera come armata privata del Cremlino. In questi anni, infatti, alcune analisi hanno segnalato la presenza di diversi gruppi utilizzati in Ucraina e in altri teatri caldi.
Una di questa è la Enot, fondata nel 2011 che ha iniziato a unire i miliziani del Donbass. La compagnia Vega che si occupa di fornire servizi di sicurezza marittima e terrestre. La Patriot, utilizzata in Africa ed in Siria. La Moran Group specializzata nell’addestramento e trasporto di materiali che ha operato in Iraq. La Slavonic Corps che ha operato in Siria e poi sciolta per le perdite che ha subito.
A questi gruppi, si aggiungono poi quelli che da alcune settimane sono sorti con gli sviluppi della guerra in Ucraina, una guerra che ha solo rafforzato il peso di compagnia private e contractors nelle file dell’esercito russo. Una di questa è la Convoy, nata dal capo della Crimea Sergej Aksenov. Un’altra è il Battaglione degli Urali che fa capo ad Igor Altushkin magnate del rame. Il leader ceceno, Ramzan Kadyrov, ha annunciato di voler creare una compagnia militare privata uguale al gruppo Wagner.
Questo quadro potrebbe essere un presupposto di una possibile guerra civile in Russia o di un cambio al vertice vista la presenza di diverse milizie private armate. Come ci insegna Madame Storia, la Russia ha avuto sempre dei cambi di rigemi quando subiva sconfitte all’estero. L’isolamento diplomatico ed economico, hanno spinto Mosca nelle braccia di Pechino e vede la prima come il junior partner della seconda. È giusto ricordare lo scambio di gas e petrolio che la Russia vende alla Cina ad un prezzo molto inferiore rispetto a quello che pagavano i Paesi Europei, giusto per fare un esempio di come Putin si è dovuto piegare a Xi. Un altro esempio è senza dubbio la città portuale di Vladivostok, importante per la Cina per le rotte artiche e dove le merci cinesi transitano senza pagare la dogana.
La ridimensione della Russia
Sul lato economico si nota che gli accordi siglati tra Mosca e Pechino non riguardano solo il commercio di petrolio, gas e la costruzione di infrastrutture, ma riguardano anche lo scambio dell’oro.
Già nel 2014 quando Putin ha annesso la Crimea, la banca centrale russa si era preoccupata di accumulare riserve all’estero, arrivando all’anno scorso a raddoppiare la disponibilità di valuta estera e oro per proteggere l’economia russa e il rublo dalle sanzioni occidentali. La strategia legata alle riserve estere ha un grave difetto: circa la metà del denaro è detenuto in banche estere e ora la Russia non può avere accesso.
Il blocco occidentale ha fatto in modo di impedire alla banca centrale russa di attingere ai miliardi depositati all’estero. In questo modo Mosca si è trovata costretta ad aumentare le esportazioni di oro a Pechino. La Cina ha importato oro russo per una cifra pari a 108 milioni di dollari a luglio 2022 con un incremento dell’oltre 700% rispetto a giugno 2022. Gli esperti della RBC (Royal Bank of Canada) hanno espresso le loro teorie: alcuni affermano che la Russia stia vendendo il suo oro alla Cina con uno sconto fino al 30%. Con ciò la Cina potrebbe gettare le fondamenta per far agganciare lo Yuan cinese all’oro. Lo Yuan è già utilizzato come riserva di valore e Pechino potrebbe rendere la propria valuta più forte del dollaro statunitense.
Sul lato politico pare quasi evidente che dopo i fatti del 24 giugno la credibilità della Russia come potenza sia diminuita. L’aggressione ai danni dell’Ucraina ha avuto come effetto la volontà di altri Paesi, come Svezia e Finlandia, di voler entrare nella Nato e isolare Mosca diplomaticamente trovandosi impantanata in una guerra che ha iniziato male equipaggiata con reparti di reclute, ed ora non sa come uscirne.
Se il caos continua in Russia?
La marcia della Wagner ha suscitato comunque incertezza sul peso del sistema di Putin. Per molti Paesi che hanno siglato accordi con la Russia, tra cui la Cina, ora potrebbero guardare con sospetto e non essere più tanti sicuri di portare avanti determinati accordi con Mosca. L’UE ha iniziato già da tempo a interrompere i propri rapporti con la Russia per via dell’aggressione all’Ucraina, ma quello che può spaventare è ai Paesi del vecchio continente è una possibile crisi in Russia. La quale scatenerebbe altre ondate migratorie, tenendo sempre presente che Mosca ha il più grande arsenale di bombe nucleari del mondo. Quindi un possibile cambio di regime o una divisione del Paese più esteso del pianeta scatenerebbe incertezza.
Ad oggi vediamo già la Cina più presente in Asia centrale, il recente incontro tra Pechino e gli “STAN” (Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Uzbekistan e Turkmenistan) senza la Russia la dice lunga su come Pechino si muove con i Paesi che fino a poco fa giravano intorno all’orbita russa, e che ora potrebbero avere un altro Paese leader.
In molti in Europa vorrebbero la divisione della Russia, in particolare i Paesi dell’est, quelli che una volta facevano parte dell’accordo di Varsavia, ma questo scenario potrebbe solo far accrescere l’influenza geopolitica cinese in Asia, con terre ricche di materie prime. Alcuni di quei territori, come la città di Vladivostok, circa due secoli fa, facevano già parte dell’impero cinese, e che Pechino piano piano, pare, stia recuperando. Ma questo andrebbe bene agli USA? E l’UE come affronterebbe una tale situazione?
La Cina resta un partner fondamentale per alcuni Paesi europei, anche se nell’ambito della politica estera Bruxelles ancora non ha una voce singola. Se la Commissione UE lavoro per creare pacchetti di riforme per cercare di essere meno dipendete dalla Cina, si nota come alcuni Stati, la Germani di Scholz sigla accordi bilaterali con Li Qiang (primo ministro cinese).
La divisione non è solo sulla questione Russia, ma anche su come creare dei rapporti equilibrati anche con la Cina. E su questo l’Europa, pare, abbia ancora strada da fare.
I movimenti scatenati dopo il 24 febbraio 2022 stanno ridisegnando gli equilibri internazionali che definiranno il mondo di domani.
0 commenti