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Eastmed: piano B per il gas?

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I continui momenti di tensione tra UE e Nato da un lato e Russia dall’altro ha evidenziato ancora di più la necessità dell’Unione Europea di essere indipendente dal gas russo. La potente macchina della tensione che si è messa in moto ha dimostrato come il Presidente Putin, tramite scelte politiche, possa far diminuire i flussi di gas che vanno dalla Russia all’Europa, determinando crisi dei prezzi sul mercato del vecchio continente, con conseguenze a carattere sociale e tensioni a livello politico con gli stati europei. La questione ucraina dovrebbe spronare UE ed i paesi Nato alla ricerca di nuovi giacimenti e nuove fonti di energia.  

L’importanza del gas

Nel 2019 la Commissione Europea ha avviato il progetto European Green Deal per diventare il primo continente a impatto climatico zero e ciò implica una serie di politiche pubbliche per affrontare la sostenibilità sul lungo periodo. La transizione energetica verso fonti pulite e rinnovabili comunque passa per l’utilizzo del gas.

Il gas naturale è una risorsa importante ed è meno inquinante del carbone infatti è valutato come uno dei mali minori nel medio e lungo periodo; queste caratteristiche lo rendono la risorsa più sostenibile e viene impiegato per produrre energia elettrica. In questo momento i forti contrasti tra il blocco occidentale e la Russia stanno determinando una crisi senza precedenti.

Tempo fa la Bank of America, in suo rapporto, affermò che la capacità di stoccaggio del gas in Europa fosse già 15 punti al di sotto della norma nel mese di novembre 2021 e l’Organizzazione Europea per l’Ambiente ha da sempre affermato che la transizione energetica verso fonti di approvvigionamento rinnovabili implica l’utilizzo di fonti non rinnovabili e limitate come il gas naturale.

Considerando la situazione estremamente delicata sul fronte orientale per via delle tensioni tra Ucraina e Russia e l’importanza del gas nella transizione energetica, l’Unione Europea dovrebbe impegnarsi di più in attività di ricerca di nuovi giacimenti di gas. Una soluzione potrebbe essere la costruzione del gasdotto EastMed, al quale gli Stati Uniti hanno ritirato il sostegno al progetto conducendo l’Unione Europea ad essere dipendente del gas russo.

Gasdotto Eastmed

Il gasdotto del Mediterraneo orientale o semplicemente EastMed è un gasdotto che collega direttamente le risorse energetiche del Mediterraneo orientale alla Grecia continentale attraverso Cipro e Creta. Il progetto è attualmente in fase di “stallo” e potrà trasportare gas naturale dalle riserve di gas off-shore nel bacino levantino in Grecia e in Italia e da lì in altre regioni europee. Il gasdotto ha una capacità di 10 miliardi di metri cubi all’anno e la costruzione dovrebbe costare intorno ai 7 miliardi di dollari.

Nel 2013 la costruzione di EastMed è stata designata ai sensi del regolamento 347/2013 della Commissione Europea come un progetto di interesse comune e, tra il 2015 e il 2018, la stessa commissione ha contribuito con 34,5 milioni di euro per il completamento tecnico economico e con studi per determinare l’impatto ambientale del progetto.

Nel 2019, a Tel Aviv, Gracia, Cipro e Israele hanno firmato un accordo intergovernativo per il gasdotto alla presenza del segretario di stato americano Pompeo, in segno di sostegno di Washington al progetto. L’interesse statunitense è spiegato dalle richieste americane ai partener europei di diversificare le forniture di gas e ridurre la dipendenza dal gas naturale russo.

Il progetto EastMed ha dei risvolti positivi anche per l’Italia. L’intreccio tra Egitto e Italia potrebbe svolgere un ruolo primario nei lavori del Forum anche alla luce del rafforzamento del sistema di sicurezza energetica nel Mediterraneo, fondamentale per gli equilibri geopolitici dell’area.

L’Italia è entrata a far parte dell’East Mediterranean gas Forum (Emgf) nel settembre del 2019 al Cairo. Il EMGF vantava del sostegno della Commissione europea e dalla World Bank costituendo in questo modo una sorta di Opec del mediterraneo, costruita per coordinare le policies di Egitto Grecia, Cipro, Israele, Giordania e Autorità palestinese sorte intorno ai giacimenti presenti nel Mediterraneo. Il forum si pose come obiettivo anche stimolare la cooperazione fra paesi produttori, acquirenti e di transito, anche sul versante industriale del gas e del settore privato. Il forum è sostenuto dalle maggiori imprese dei 7 Paesi e tra quelle italiane ci sono l’Eni, la Saipem e Snam.

Ritiro supporto americano. Segnale per Ankara?

Tuttavia gli Stati Uniti, a gennaio 2022 hanno ritirato il sostegno ed è probabile che il progetto venga cancellato e sostituito con un collegamento energetico più economicamente sostenibile ed ecologico tra Egitto e Grecia.

La scelta degli Stati Uniti di non voler sostenere più l’accordo si riflette nelle vite quotidiane dei cittadini europei che vedono i prezzi del gas salire e allo stesso tempo ciò significa dare ancora più potere negoziale a Gazprom e quindi a Mosca.

Il ritiro del sostegno è stato giustificato con una preoccupazione relativa alla fattibilità economica ed alla sua compatibilità con l’agenda verde di Washington, la quale è impegnata su tecnologie energetiche pulite che prepareranno la regione del Mediterraneo Orientale alla transizione verso una nuova era energetica (progetti di diversificazione energetica, l’interconnessione elettrica dall’Egitto a Creta e la Grecia continentale e il proposto EuroAsia che collegherà le reti elettriche di Cipro, Grecia ed Europa).

Secondo alcuni la mossa statunitense sarebbe un segnale politico alla Turchia che in questi anni ha sempre tentato di bloccare in ogni modo il progetto di sfruttamento dei giacimenti del Mediterraneo orientale sostenendo la causa dei turco-ciprioti, i quali anch’essi hanno uguali diritti sulle risorse naturali dell’area. Inoltre tale progetto, da parte americana, è visto come un ulteriore elemento di tensione nella regione.

Eastmed piano B al gas russo?

Dati gli ultimi avvenimenti sul fronte orientale e la potente macchina della guerra che si è messa in moto, per via dell’invasione dell’Ucraina da parte delle forze armate russe ed i diversi pacchetti di sanzioni dei paesi dell’Unione Europea e della Nato contro la Russia, è il momento di trovare via alternative e diversificare i paesi dai quali importiamo gas.

La forte dipendenza europea del gas russo pone una serie di problemi sul tavolo delle negoziazioni e pone la Russia di Putin con il coltello da parte del manico. È pure vero che le varie istituzioni europee già da tempo hanno posto il problema di diversificare i paesi a cui chiedono il gas. Questa raccomandazione è venuta inoltre anche dalla Nato.

La grande dipendenza del gas pone limiti sui valori che sia l’UE e la Nato condividono e nei momenti di scontro (come quello degli ultimi giorni) può rappresentare un ostacolo. Negli ultimi giorni vediamo il Presidente del Consiglio Europeo, della Commissione e il Segretario della Nato uniti a condannare l’intervento armato di Putin in Ucraina. Questa unità dovrebbe essere ritrovata anche per quanto riguarda l’energia (per la ricerca di nuovi giacimenti nel mediterraneo e per la sua implementazione) e la difesa comune dei territori dell’Unione.

Considerando questo potrebbe essere una soluzione riprendere il discorso del gasdotto EastMed, il quale rappresenterebbe un’alternativa al gas russo. I giacimenti di gas finora scoperti in quella porzione del Mediterraneo sono in tutto una decina e rappresentano circa il 2% delle riserve mondiali: poco per essere rilevanti a livello globale, ma senza dubbio un’importante risorsa a livello regionale.

Il loro utilizzo adesso è fondamentale e si potrebbe sfruttare per affrancarsi, almeno in parte, dal peso di Mosca che al momento è il principale fornitore di gas dell’area. Senz’altro è anche importante avere la consapevolezza che, per le politiche green e per fronteggiare l’emergenza climatica, avere un bacino di gas vicino rappresenta un’opportunità per disporre di energia meno inquinante e più economica.

A dare valore alle scoperte strategiche di gas nell’area del Mediterraneo è il fatto che nei prossimi anni i Paesi europei saranno costretti ad importare meno gas dal Nord Africa poiché il crescente aumento demografico di Algeria, Tunisia, Marocco ed Egitto fa in modo che diminuiscano le porzioni di gas da esportare per soddisfare il proprio consumo interno. Ciò evidenzia quanto sia importante la gestione dei giacimenti scoperti nel Mar del Levante.

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