Seleziona Pagina

La sconfitta della sinistra nel mondo

Italia | 0 commenti

L’elezione di Donald Trump come nuovo inquilino alla Casa Bianca credo sia un segnale molto chiaro da parte della popolazione americana nel mondo. Il suo ritorno dopo la sconfitta del 2020 potrebbe indicare un nuovo modo di porsi degli USA ai problemi che coinvolge la comunità internazionale. In molti pensano che l’America potrebbe tornare ad isolarsi per concentrarsi di più ad attuare una politica più nazionalista a più livelli.

Quali possibili scenari dopo la vittoria di Trump?

La vittoria di Donald Trump potrebbe comportare qualche problema per l’Europa su questioni che riguardano la sicurezza, la guerra in Ucraina, in Medio-oriente e le tariffe commerciali.

Lo scenario internazionale che si apre con il ritorno di Trump alla Casa Binaca non è così chiaro, anzi ci sono malumori per via di una campagna elettorale dove molte volte il candidato repubblicano ha menzionato la Nato, criticandola apertamente per il fatto che gli Stati Uniti contribuiscono molto al bilancio dell’Alleanza Atlantica rispetto agli alleati europei. Durante la campagna elettorale ha ammesso che avrebbe difeso i membri Nato da un futuro attacco della Russia solo se avessero rispettato i loro obblighi di spesa per la difesa.

Queste dichiarazioni hanno spinto molti Paesi europei ad aumentare il proprio budget per la difesa, infatti ad oggi 23 membri su 32, per la fine dell’anno raggiungeranno l’obiettivo del 2% del Pil. Quello che si prospetta all’orizzonte dei Paesi europei è che c’è una tendenza sempre maggiore di allineamento tra la Cina, la Russia l’Iran ed infine la Nord Corea. In questo contesto il vecchio continente deve farsi trovare pronto per eventuali tensioni in cui gli USA non siano più disposti a fare la propria parte per difenderlo.

Da una parte c’è la stanchezza degli USA di dover sempre agire in prima linea in molti teatri e questo ha portato comunque negli ultimi anni alle varie amministrazioni di disimpegnarsi in alcuni teatri bellici, cercando di dare più spazio agli alleati. Già a marzo di quest’anno il Pentagono ha ritirato le portaerei dal Mediterraneo lasciando scoperto il fronte meridionale della Nato. Il ritorno di Trump potrebbe accelerare il procedimento anche in altri contesti caldi.

Trump ha promesso tariffe fino al 20% su tutte le importazioni europee se fosse stato rieletto. L’Ue vanta di un surplus commerciale con gli USA di €156 miliardi, mentre il valore degli scambi commerciali nel suo intero vale circa €1.000 miliardi. La politica protezionistica trumpiana, secondo alcune stime, con dazi tra il 10 e il 20% potrebbe far crollare di un terzo le esportazioni europee. Questo colpirebbe soprattutto la Germania, un Paese già in crisi per via della recessione e con una produzione industriale che rimane inferiore del 13% rispetto ai livelli pre-pandemici, il settore automobilistico in forte calo ed i consumi che rallentano. Alcuni economisti calcolano che una tariffa del 10% potrebbe affossare il Pil tedesco dell’1,6% nel peggiore dei casi, vista la sua dipendenza dalle esportazioni di auto e macchinari verso gli Stati Uniti. Per quanta riguarda i Paesi dell’Ue il Pil potrebbe calare dell’1%. Segnali concreti si sono già visti il giorno dopo l’elezione americana con l’apertura dei mercati europei che hanno reagito male ai possibili dazi del nuovo presidente.

L’Italia invece?

L’export rappresenta un punto fondamentale per il Pil italiano, soprattutto quello verso gli USA. Infatti gli Stati Uniti sono uno dei principali mercati di esportazione con un valore che si aggira sui €50 miliardi. Una politica protezionistica americana rivedrebbe comunque le cifre degli ultimi anni. Ma quello che più conta per il bel Paese è la tenuta dei conti. La vittoria di Trump non si deve vedere solo come il suo ritorno alla Casa Bianca, perché ora il partito repubblicano ha ottenuto la maggioranza al Senato, mantiene il controllo della Camera e la Corte Suprema è già a maggioranza conservatrice. Questo significa che Trump ha carta bianca per attuare la sua politica, ma quello che dovrebbe colpirci è il suo modo di influenzare le scelte da attuare.

Prima del verdetto americano la Premier Meloni ha incontrato a Roma il nuovo segretario generale della Nato Mark Rutte, il quale applaudiva il governo italiano per gli 8,2 miliardi di spesa annunciati e reiterando la richiesta di aumentare gli stanziamenti per la difesa al 2% del Pil. Il disimpegno americano nel Mediterraneo espone l’Italia ad aumentare il proprio ruolo sul mare, aumentare gli investimenti in difesa per proteggere le rotte commerciali di cui ha bisogno per la propria economia.

Quello che si potrebbe prospettare da parte dei governi conservatori di destra è una tendenza verso un modello più americano dove alcuni settori potrebbero essere privatizzati perché potrebbe venire meno il ruolo dello Stato, il quale dovrebbe spendere più risorse in altri ambiti. In Italia un cambiamento del genere potrebbe avere un eco più forte considerando i mutamenti che ne derivano del bilancio pubblico in tema di sanità e pensione. 

0 commenti

Invia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *