Le sfide o le opportunità dell’Italia

Dietro ogni rischio c’è un’opportunità da cogliere. La crisi derivata dalla guerra in Ucraina e la forte competizione tra la Cina e gli USA possono essere l’occasione per l’Italia di emergere sulla scena internazionale. L’opportunità che Roma si trova davanti è ovviamente il Mediterraneo, ma anche quello di far diventare l’Italia un hub energetico per l’Europa tramite il Piano MATTEI. Questo mentre sale la tensione internazionale dopo un anno di guerra e altri teatri diventano caldi.
La questione del gas
Il gas che è stato usato come arma da parte della Russia non ha funzionato come Putin sperava per far demordere i Paesi dell’Unione Europea e della Nato dal supporto a Kiev. Molti Paesi europei hanno dovuto rivedere le loro strategie energetiche, visto che, prima dello scoppio della guerra, buona parte della dipendenza energetica veniva soddisfatta dai Paesi extra-UE.
Il rischio per l’Italia era quello di non avere sufficiente gas per il proprio consumo interno, infatti una delle priorità dei governi italiani (Draghi prima, Meloni adesso) è stata quella di differenziare i Paesi produttori perché il 40% del gas importato era russo. In principal modo il governo di Roma si è rivolto all’Algeria, Egitto, Libia, Mozambico e Qatar.
L’Italia purtroppo è un Paese povero di materie prime ed ha un’economia di trasformazione. Dall’inizio della guerra in Ucraina le conseguenze sui prezzi del gas hanno comunque inciso sulle imprese e famiglie italiane.
L’Italia come hub energetico
Con la crisi del gas l’Italia ha messo su un piano che vede il bel Paese hub del gas proveniente dall’africa, “IL PIANO MATTEI” che prende il nome dal fondatore dell’ENI. Il piano prende il suo nome anche in virtù delle modalità con cui Roma si pone con i Paesi produttori, ovvero usando un modello di cooperazione non predatorio, in cui entrambi i partner devono poter crescere e migliorare. In sostanza, buona parte del gas e del petrolio estratto viene lasciato per il mercato interno, inoltre, l’Italia si impegna anche con il proprio partner ad un miglioramento infrastrutturale. Il piano ha come obiettivo di rendere l’Italia un hub energetico, una porta sull’Europa e di intercettare, grazie alla posizione geostrategica della penisola, anche i traffici di gas via nave.
La sfida / opportunità dell’Italia è che può ritagliarsi un suo ruolo nel Mediterraneo e in Nord Africa.
L’Italia rispetto agli altri Paesi che si affacciano sul Mediterraneo ha una posizione migliore, ma soprattutto i contratti migliori con i Paesi produttori. Potenzialmente Roma può far diventare il bel Paese un hub energetico per l’Europa, ma deve migliorare su due aspetti fondamentali:
- Capacità di rigassificazione. L’Italia se vuole intercettare anche il gas trasportato vi nave ha la necessità di dotarsi di infrastrutture sulle coste e potenziare la rete portuale.
- Capacità infrastrutturale che collega il Sud al Nord. I gasdotti che attraversano la penisola hanno delle strozzature che determinano una minore portata che non è sufficiente per i grandi consumatori (distretti industriali) che si trovano al Nord.
Inoltre molti pensano che l’idea dell’hub energetico sia anche un’opportunità per il mezzogiorno di rilanciare il territorio e diminuire finalmente il gap economico tra Nord e Sud. I punti di approdo del meridione sono fondamentali in questo senso anche in virtù di una questione di prezzi di trasporto.
Le attività esplorative nel Mediterraneo orientale hanno portato alla scoperta di nuovo giacimenti che hanno un margine potenziale molto alto. L’Eni è già presente in quell’area aumentando l’influenza di Roma in un punto strategico.
Il carattere geopolitico dell’azione italiana
Gli accordi siglati recentemente dalla Meloni con l’Algeria e la Libia hanno anche carattere geopolitico. In Libia, dove c’è una crisi perenne, l’Italia potrebbe giocare un ruolo decisivo e riaffermare la sua presenza dall’altra parte del Mediterraneo, in un Paese che vede l’influenza russa e turca, le quali vorrebbero limitare la presenza italiana. Nonostante la guerra in Ucraina che tiene impegnata la Russia, il Cremlino si impegna a non diminuire la sua presenza in Libia. Il gruppo Wagner è presente nella Cirenaica per controllare le risorse naturali. Nel corso del 2022 le forniture del gas dalla Libia sono state depotenziate e ridotte al 27%.
Inoltre Mosca cerca influenza e basi di appoggio per le sue navi visto che il Baltico è un mare chiuso da Paesi Nato e filo Nato e i Dardanelli chiuso per via della guerra.
La guerra ha visto anche l’inserimento della Turchia come mediatore tra il blocco occidentale e la Russia. L’azione diplomatica di Erdogan ha portato alla conclusione di due accordi, uno sul grano e l’altro sullo scambio di prigionieri. Inoltre il governo turco ha cercato di inserirsi come collante con la Russia per quanto riguarda il gas e di fare della penisola anatolica un hub del gas russo da rivendere a terzi. Ora la delicata situazione di Ankara per via del terremoto che ha colpito il confine turco-siriano, potrebbe allentare il suo ruolo internazionale, sia sul fronte della guerra come mediatore, sia in Libia, per provvedere a mitigare i problemi interni.
Gli incontri del governo italiano con i Paesi del Nord-Africa simboleggiano la volontà di costruire legami di cooperazione economica e di sviluppo in un territorio che è oggetto di mire di altri Paesi. Il governo italiano è impegnato anche a costruire una flotta capace di proiettarla nel Mediterraneo, mettendo in cantiere circa 150 mila tonnellate di naviglio militare. Questo è fondamentale per lo sviluppo italiano e per la sua economia che è basata sulla trasformazione delle materie e sulle esportazioni.
L’opportunità dell’Italia di affermarsi nel Mediterraneo e in Nord Africa in questo contesto di caos è anche una sfida, visto che gli altri Paesi non staranno a guardare.
Dopo un anno di guerra la tensione sale
Dopo due anni di pandemia nessuno immaginava che il 24 febbraio 2022 iniziasse un scontro che, dopo un anno non vedesse ancora la fine. La guerra di aggressione ai danni dell’Ucraina ha comportato una serie di conseguenze che impongono una rivisitazione degli equilibri internazionali.
Ad un anno dall’inizio della guerra i due eserciti continuano le ostilità. L’esercito di Kiev ovviamente vuole riconquistare il territorio occupato. La resistenza ucraina ha messo a nudo la poca organizzazione che ha avuto lo stato maggiore russo nel mettere a punto l’invasione.
La Cina potrebbe essere determinante per cercare almeno un accordo su una tregua, visto il capo della diplomazia di Pechino Wang Yi, in un tour europeo. Anche se dall’altra parte del mondo, la competizione tra Pechino e Washington ha portato all’abbattimento di “palloni” spia da parte delle forze aeree statunitensi nello spazio aereo americano, questo indicherebbe anche una certa tensione.
I meeting internazionali recenti dimostrano che la guerra sta cambiando l’architettura difensiva dei Paesi europei e, forse, una netta spaccatura tra il mondo occidentale con la Russia.
I Paesi Nato oggi sono chiamati anche ad uno sforzo per la produzione di munizioni e armi, e per raggiungere il famoso 2% del Pil per le spese militari.
In questo clima la tensione non fa che salire. Le ultime dichiarazioni sulla Moldavia, le dimissioni di Gavrilita, movimenti strani in Transnistria (regione popolata da russi), le dimissioni di Sturgeon in Scozia, di Arden in Nuova Zelanza, la “quiete apparente” nei Balcani, pare stia accelerando la corsa al riarmo. La guerra in Ucraina potrebbe aver dato al via ad una competizione che sarà determinate per gli equilibri internazionali.
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