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La guerra al dollaro: nuova Bretton Woods?

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«Il dollaro è la nostra valuta e il vostro problema»

Richard Nixon presidente USA, che sancì la morte di Bretton Woods nel 1971, cosi diceva ai suoi alleati.

Questa guerra può danneggiare sia l’Europa sia l’Euro, ma dietro alle crisi ci sono delle opportunità.

La guerra in Ucraina è una guerra nella guerra. Oltre alla guerra per il Donbass, per l’integrità dell’Ucraina e per il suo diritto di scegliere il proprio futuro, c’è la guerra nel campo delle valute. La richiesta di Putin di pagare gli idrocarburi russi con i rubli è nata dalla necessità di sostenere sui mercati il valore della moneta russa che è stata messa a dura prova dopo l’invasione ai danni dell’Ucraina. Questa mossa simbolicamente mostra che le guerre si combattono anche con le monete.

 

Conferenza di Bretton Woods

Facciamo un passo indietro. Nel 1944, sul finire della seconda guerra mondiale, si preparò la ricostruzione del sistema monetario e finanziario mettendo insieme regole commerciali e finanziarie tra le principali potenze industrializzate nel mondo. Nei pressi di  Carroll, nel New Hampshire, la cosiddetta Conferenza di Bretton Woods creò il sistema giuridico che portò ad una serie di accordi per definire regole e procedure per controllare la politica monetaria internazionale. La Conferenza di Bretton Woods fu il primo esempio, nella storia, di un ordine monetario negoziato che aveva il compito di governare i rapporti monetari di stati indipendenti. La Conferenza riunì 730 delegati di 44 nazioni alleate. Gli accordi prevedevano:

  • La creazione di un Fondo Monetario Internazionale (a cui fu affiancata la creazione della Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo);
  • Diritti di prelievo, per gli stati in disavanzo, che permettevano di accedere a prestiti da parte del FMI;
  • La conversione di tutte le valute in dollari per i commerci internazionali;
  • Tasso di cambio stabile delle banche centrali con il dollaro;
  • Svalutazione ammessa solo se approvata dal FMI;
  • Clausola di scarsità: in caso di una valuta debole, gli altri paesi potevano limitare le importazioni da quel paese per fare in modo che ripartissero le proprie.

In sostanza il sistema Bretton Woods si basava su rapporti di cambio fissi tra le valute, tutte agganciate al dollaro che a sua volta era agganciato all’oro. Tali accordi favorirono un sistema liberista, con poche barriere. Gli accordi derivati da Bretton Woods però non prevedevano un controllo sulla quantità emessa di dollari permettendo in questo modo agli USA di poter stampare moneta incontrollatamente ed esportando la loro inflazione recando danni al resto del mondo.

Lo stop della convertibilità

Fino agli anni ’70 del secolo scorso tale sistema si dimostrò efficace per controllare i conflitti economici e realizzare obiettivi comuni tra gli Stati.

In seguito, la guerra del Vietnam e le spese di Welfare State comportarono un crescente indebitamento per gli USA perché aumentavano le richieste di conversione delle riserve in oro.

Questi problemi, nel 1971, portarono il presidente Nixon ad annunciare la sospensione della convertibilità del dollaro in oro. Il risultato fu un’epidemia di inflazione un po’ dappertutto. Senza i rapporti fissi tra le varie valute, il dollaro non perse comunque il ruolo di moneta di riferimento, perché ogni giorno nel mondo c’era, e c’è tutt’ora, chi sceglie per le proprie operazioni la moneta americana, cosa che fanno anche le banche centrali quando accumulano riserve in dollari. Il dollaro è rimasto centrale anche dopo la fine della Guerra Fredda grazie ad un accordo con i sauditi.

Gli USA riuscirono ad imporre per decenni il pagamento del petrolio in dollari, permettendo così una forte domanda di dollari per comprare l’oro nero.

La guerra in Ucraina

Ora andiamo avanti. Nel 2014 la Russia ha invaso il Donbass dando via alla guerra che si sta svolgendo ancora oggi. Nello stesso anno la produzione di oro della Russia ha superato quella degli USA. Acquistando grosse quantità d’oro, la Russia è diventata il quinto Paese maggiore detentore di oro e, allo stesso tempo, ha dato un chiaro segnale per prepararsi ad una contrapposizione con l’Occidente. Una chiave di lettura di questi episodi è che la Russia vorrebbe sostituire il dollaro americano come valuta per gli scambi internazionali.

Dopo il 24 febbraio 2022, con il riprendere la guerra tra Russia e Ucraina, Washington ha bloccato le riserve di dollari detenute dalla banca centrale russa mettendo in discussione il principio base di avere riserve di dollari; se uno Stato non può disporne, perde di credibilità come fonte di stabilità. Da anni si conserva il dollaro nelle riserve perché i governi sono sicuri che manterranno il loro valore intatto, come se fosse un bene rifugio. La mossa di bloccare le riserve russe potrebbe comportare la perdita di privilegi americani. Dato che il dollaro è la moneta più stabile al mondo, tutte le banche centrali vogliono detenere titoli del tesoro USA, donando agli Stati Uniti l’opportunità di finanziare la spesa pubblica a costi bassissimi poiché è sempre presente la domanda di dollari.

Un esempio potrebbe essere quello che accade con il petrolio che gli europei comprano dagli arabi. Poiché bisogna comprare e vendere in dollari, il tutto deve passare da una banca americana o con una che ha rapporti con essa.

La strategia di Pechino

La Cina in queste settimane ha convinto alcuni Paesi esportatori di petrolio arabi di accettare pagamenti in renminbi. La cosa interessante è proprio questa: le valute possono essere scambiate sul mercato, ma questo non accade per la moneta cinese perché, Pechino non vuole perdere la possibilità di stabilire la sua quotazione rispetto alle altre valute.

Un altro aspetto da considerare è che la Cina ha già una moneta digitale sovrana la quale viene depositata in portafogli digitali (cellulari) e possono passare da un dispositivo all’altro senza coinvolgere banche o istituti di credito. Ad oggi in Cina gli acquisti su cellulari sono già il 16%, contro l’1% degli USA.

Crisi e opportunità dell’euro e dell’Europa

Negli ultimi anni, al dollaro si è affiancato l’euro con successo. L’euro rappresenta il 36% dei pagamenti internazionali. Ma cosa rende l’euro debole rispetto al dollaro? Una serie di aspetti tra cui il fatto che alla valuta non corrisponde un unico sistema-paese. Un altro aspetto è che l’euro non ha ancora una vera e propria mutualizzazione del debito che crei un asset finanziario sicuro e, inoltre, oggi è la valuta più esposta alle fluttuazioni del tasso di cambio. Tutto questo accade in una fase in cui l’euro e il dollaro sono in una condizione di “egual” valore, il che comporta un costo maggiore per gli europei quando comprano le materie prime in dollari.

La BCE, in questo caso di rischi recessivi, non può fare altro che abbassare i tassi d’interesse al fine di emettere Eurobond per rilanciare le economie europee e finanziare Next Generation EU. Questo prefigura una nuova inflazione e una nuova svalutazione dell’euro ora più che mai destinata ad essere problematica.

I rischi sopra riportati possono essere affrontati solo se viene adottato un chiaro disegno di autonomia strategica europea, anche in campo valutario. L’UE ha già risposto alla pandemia con la presentazione del piano del Next Generation UE e, a Versailles, ha stabilito le basi per una difesa comune ponendo maggiori elementi d’integrazione, fondati su un pensiero e una visione comune strategici per il ruolo dell’Europa.

In campo economico l’euro potrebbe rappresentare un ponte per le transizioni energetiche ed essere un pilastro valutario per questi scambi diventando così fattore di stabilità dei mercati. Questo permetterebbe di rilanciare il commercio in termini vantaggiosi sia per l’Europa sia per i Paesi produttori, e frenare cosi la valuta cinese. La Cina, infatti, è intenzionata ad influenzare sul profilo monetario ancora di più l’Asia, l’Africa e il Sud America, entrando nei mercati energetici e promuovendo lo yuan.

Come scritto in un paper da diversi docenti e rilanciato da Francesco Giavazzi, consigliere di Mario Draghi, si potrebbe creare un asset comune europeo, come siglato nel Trattato del Quirinale. L’idea di un asset finanziario di natura obbligazionaria (safe asset) in grado di essere emesso in forma sicura sui mercati è fondamentale per l’istituzione di un’Agenzia Europea del Debito.

L’euro potrebbe giocare anche un ruolo importante anticipando le valute digitali garantite da enti pubblici che permettono, secondo gli esperti, una capacità maggiore di trasformazione delle divise più sicure in asset in grado di fungere come misura della riserva di valore.

Da questa guerra nascono rischi sia per l’Europa sia per l’euro, ma l’Europa può anche cogliere l’opportunità di rilanciarsi. Il dominio del dollaro marginalizza l’euro nel campo occidentale. Servirebbe avere una prospettiva strategica per fare in modo che il problema del caro prezzo delle materie prime si possa in qualche modo, anche in parte, sanare.

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